Intervista alla chitarra parte 1:

l'estremo "bacia" il suo opposto


Suonare la chitarra, soprattutto per chi suona rock o blues, è una vertigine paradossale, estrema!
Ci pensavo qualche notte fa… suonavo in un locale, con la mia chitarra acustica, un pezzo di cui, sinceramente, non me ne fregava nulla… Lo chiamano “mestiere”. Impari il pezzo, di solito quattro accordi o poco più, lo fai bene, a tempo, con espressività e dinamica, ma nella tua testa stai già pensando al successivo.
A volte suoni come un automa e l’idea che ti pagheranno per suonare una canzone che hai suonato decine di volte in spiaggia, gratis, o nella tua cameretta, è assurda e ridicola. Ci sono dei momenti, al contrario, che diventano esplosione pura, magica… o forse qualcosa di più! È reale percezione di “altro”, febbrile sensazione di essere prossimi a Dio.
Quando in un concerto capita di improvvisare un solo su un brano che probabilmente non hai mai suonato o, se lo hai fatto, non è mai successo di fronte a migliaia di persone, allora avviene l’in-descrivibile prodigio che solo il vibrare del tuo “strumento” può regalarti: in quel momento i laser stanno puntando i loro disegni psichedelici sulla platea rapita e le teste mobili del palco si piegano lentamente per illuminarti, per farti esplodere in un fascio di luce in cui si intravede solo la tua sagoma, incerta, e il manico della chitarra. E la chitarra, a volte compagna fedele, altre amica stra-conosciuta, spesso amante suadente e ammaliante, in quel momento diventa distorta e incontrollabile per un profano. Nelle tue mani no… nelle tue mani, al contrario, si fa addomesticare come un puma che, all’improvviso, ruggisce e fa le fusa nello stesso istante… Ecco l’eccesso, il parossismo, l’estremo che “bacia” il suo opposto!!!

Intervista alla chitarra parte 1:

l'estremo bacia il suo opposto

Suonare la chitarra, soprattutto per chi suona rock o blues, è una vertigine paradossale, estrema!
Ci pensavo qualche notte fa… suonavo in un locale, con la mia chitarra acustica, un pezzo di cui, sinceramente, non me ne fregava nulla… Lo chiamano “mestiere”. Impari il pezzo, di solito quattro accordi o poco più, lo fai bene, a tempo, con espressività e dinamica, ma nella tua testa stai già pensando al successivo.
A volte suoni come un automa e l’idea che ti pagheranno per suonare una canzone che hai suonato decine di volte in spiaggia, gratis, o nella tua cameretta, è assurda e ridicola.
Ci sono dei momenti, al contrario, che diventano esplosione pura, magica… o forse qualcosa di più! È reale percezione di “altro”, febbrile sensazione di essere prossimi a Dio.
Quando in un concerto capita di improvvisare un solo su un brano che probabilmente non hai mai suonato o, se lo hai fatto, non è mai successo di fronte a migliaia di persone, allora avviene l’in-descrivibile prodigio che solo il vibrare del tuo “strumento” può regalarti: in quel momento i laser stanno puntando i loro disegni psichedelici sulla platea rapita e le teste mobili del palco si piegano lentamente per illuminarti, per farti esplodere in un fascio di luce in cui si intravede solo la tua sagoma, incerta, e il manico della chitarra. E la chitarra, a volte compagna fedele, altre amica stra-conosciuta, spesso amante suadente e ammaliante, in quel momento diventa distorta e incontrollabile per un profano. Nelle tue mani no… nelle tue mani, al contrario, si fa addomesticare come un puma che, all’improvviso, ruggisce e fa le fusa nello stesso istante… Ecco l’eccesso, il parossismo, l’estremo che “bacia” il suo opposto!!!

Traiettoria del proiettile

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